dr.ssa Denise Filippin, Biologa Nutrizionista
18 Novembre 2020
Tempo di lettura: 4 minuti
Si chiama microbiota la popolazione di microrganismi che colonizza il nostro intestino: i più noti e più numerosi sono i batteri che formano la flora intestinale (concentrati principalmente nella zona del colon), ma il microbiota include anche archeobatteri, lieviti e virus.
L’essere umano e il microbiota intestinale vivono insieme in una condizione di simbiosi, ovvero una relazione tra organismi diversi che porta vantaggi a entrambi: i microrganismi trovano il modo di cibarsi e ripararsi nel nostro corpo; noi otteniamo vantaggi sia dal punto di vista digestivo che per altri aspetti della nostra salute. I batteri del microbiota sono detti, per questo motivo, "batteri simbionti".
La funzione più nota dei batteri del microbiota intestinale è quella di trasformare le fibre alimentari, sostanze che i nostri enzimi digestivi non sono in grado di modificare e scomporre, e che vengono invece attaccate dai batteri.
Nel trasformare la fibra, i batteri sviluppano sostanze che hanno funzioni regolatrici sull’intestino e ne condizionano lo stato infiammatorio. Ciò significa che l’intestino può essere più o meno infiammato in base al modo in cui funziona il microbiota.
I batteri intestinali sono anche responsabili della produzione di vitamine, ad esempio producono la vitamina K, in forma di K2 (la K1 viene invece assunta dal cibo, ed è ben rappresentata nei cibi vegetali).
Negli ultimi anni molti studi si sono concentrati sul microbiota intestinale, nel tentativo di capire come interagisca con l’organismo umano. Si è scoperto che, oltre alle sostanze che hanno effetto sui movimenti intestinali, i batteri rilasciano anche altri composti che regolano il sistema immunitario e svolgono una importante funzione protettiva nei confronti della mucosa intestinale.
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Sebbene gran parte dei microrganismi presenti sia comune a tutti gli esseri umani, circa il 30% varia da un individuo all'altro e può mutare a causa dell’alimentazione, dei trattamenti farmacologici, di eventuali malattie o infezioni, dell’ambiente in cui si vive.
Le specie batteriche presenti nel microbiota sono centinaia e vengono raggruppate in base alle loro caratteristiche. Generalizzando, e prendendo in considerazione solo le funzioni legate al processo digestivo, si possono suddividere in due gruppi: i batteri fermentativi e quelli putrefattivi.
I batteri fermentativi rappresentano fino all’80% del totale. Ne fanno parte i gruppi dei Lactobacilli e Bifidobatteri, che digeriscono le fibre tramite un processo di fermentazione che ha come sottoprodotto alcuni acidi grassi a catena corta dagli effetti benefici.
Questi acidi grassi contribuiscono a ridurre il rischio di cancro, favoriscono lo sviluppo dei bifidobatteri, aumentano i movimenti intestinali e aiutano l'organismo a eliminare le sostanze potenzialmente tossiche.
I batteri putrefattivi costituiscono il restante 20% dei batteri del microbiota intestinale; ne fanno parte Escherichia coli, Bacteroides, Eubacteria, Clostridium.
Questi batteri agiscono sulle proteine, portando alla formazione di sostanze come ammoniaca, indolo, scatolo, idrogeno solforato. Si tratta di composti derivanti dalla normale degradazione dei cibi, ma se presenti in quantità elevate possono diventare potenzialmente pericolosi, con effetti infiammatori e cancerogeni.
Una dieta ricca di fibra è un requisito necessario per garantire il benessere intestinale e fornire nutrimento ai preziosi batteri simbionti. La fibra ha infatti una funzione detta prebiotica, cioè che favorisce la crescita e l’attività dei batteri utili e ne promuove lo sviluppo.
Non tutte le fibre hanno funzione prebiotica; essa è svolta principalmente dalle fibre solubili, come l’inulina e l’amido resistente:
l’inulina è presente ad esempio in cipolle, banane, aglio, topinambur, asparagi, carciofi;
l’amido resistente è una particolare forma di amido che si forma quando si cucinano e poi si lasciano raffreddare i cibi ricchi di amidi, come ad esempio il riso.
I cibi di origine animale (cioè carne, pesce, latte e latticini, uova) non contengono fibre e quindi, da una parte non aiutano lo sviluppo dei microrganismi utili alla salute, dall’altra promuovono la crescita di batteri potenzialmente patogeni, quelli putrefattivi.
Invece un’alimentazione basata sui cibi vegetali garantisce nutrimento ai batteri intestinali “buoni”, quelli fermentativi, permettendo loro di proliferare e donando salute al nostro microbiota intestinale e, di conseguenza, anche a tutto il nostro organismo.
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