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Una dieta vegetale protegge anche la biodiversità

28 Ottobre 2024
Tempo di lettura: 5 minuti

Foresta tropicale

Un report scientifico pubblicato pochi anni fa dell'Istituto di ricerca Chatham House, col supporto dell'UNEP (Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite) ha confermato per l'ennesima volta che il sistema di produzione alimentare a livello mondiale è il maggior responsabile dei danni all'ambiente naturale e che è cruciale spostare i consumi verso una dieta basata sui vegetali, non più su carne, pesce, latticini e uova. [1, 2]

Questo report si è focalizzato non solo sullo spreco di risorse causato dalla produzione di carne e altri cibi animali, e sulle conseguenti emissioni di gas serra, ma soprattutto sulla perdita di biodiversità.

L'attuale sistema alimentare basato su un forte consumo di cibi animali causa l'uccisione di animali selvatici, distrugge i loro habitat, riempie la Terra di animali d'allevamento. Secondo il report della Chatham House, sono stati spazzati via la metà degli ecosistemi naturali del pianeta e dal 1970 ad oggi sono stati uccisi il 68% degli animali selvatici.

Tre "manopole" su cui agire

Secondo il report sono tre le "manopole" che possiamo usare per risolvere la situazione, ma la prima è di gran lunga la più importante, ed è anche quella indispensabile, perché, senza questo primo intervento, gli altri due non possono essere realizzati.

La buona notizia è che la prima azione da fare è alla portata del singolo individuo: dipende solo da noi.

1. Passare a una dieta basata sui vegetali

È questa l'azione basilare, perché nell'industria alimentare globale è la produzione di carne e altri cibi animali ad avere il maggior impatto: l'80% della terra coltivabile è usata per l'allevamento (in modo diretto, ma soprattutto perché destinata alla coltivazione di mangimi). Ma questo 80% di risorse contribuisce solo al 18% dei fabbisogni nutrizionali dell'umanità [3].

Più allevamenti si eliminano, più diminuisce la pressione sull'ambiente: si liberano territori, si smette di incendiare le foreste per coltivare mangimi e allevare animali, si smette di distruggere gli ecosistemi acquatici con la pesca e l'acquacoltura.

Il report spiega proprio questo, affermando che per riformare il sistema di produzione di cibo "l'elemento più importante di tutti è il passaggio globale a diete basate sui vegetali". Per esempio, se negli USA la popolazione passasse dal consumo di carne di manzo a quello di legumi, si libererebbe il 42% delle terre coltivabili.

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2. Ripristinare gli ecosistemi per aumentare la biodiversità

La prima azione è già sufficiente per invertire la rotta e tornare verso la sostenibilità, ma se si vuole accelerare il processo si può mettere in atto la seconda azione, che ha senso soltanto dopo aver implementato la soluzione uno: prima occorre smettere di distruggere il pianeta per far spazio ad allevamenti e coltivazioni di mangimi, poi con gli spazi liberati possiamo cercare di ridare alla natura quello che le abbiamo sottratto.

3. Passare a coltivazioni non intensive

Anche se le coltivazioni non intensive danno in genere un raccolto minore, con tutte le risorse che si liberano dall'eliminazione degli allevamenti, non c'è nessun problema a nutrire tutti anche con una resa minore. Anzi, si può nutrire un numero di persone molto più alto.

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Fonti

  1. Plant-based diets crucial to saving global wildlife, says report, 3 febbraio 2021 Guardian https://www.theguardian.com/environment/2021/feb/03/plant-based-diets-crucial-to-saving-global-wildlife-says-report

  2. Report "Food System Impacts on Biodiversity Loss" del Chatham House Institute https://www.chathamhouse.org/2021/02/food-system-impacts-biodiversity-loss

  3. J. Poore, T. Nemecek, Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers, Science, 1 giugno 2018 (Vol. 360, Issue 6392, pp. 987-992, DOI: 10.1126/science.aaq0216)

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Categoria: Ecologia

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